Temu, lo shopping online nasconde un segreto incredibile: i prezzi stracciati attirano tutti ma i rischi della privacy sono altissimi | Solo così salvi dati e portafogli
Temu, una delle applicazioni di shopping cinese più floride, sta diventando sempre più chiacchierata non solo per le sue pubblicità invasive, ma anche per i rischi relativi ai prodotti e alla privacy.
Da un anno ogni social viene invaso da pubblicità di Temu, in cui si illustrano non soltanto i prodotti venduti a prezzi stracciati, ma anche i migliaia di clienti soddisfatti dei propri acquisti che condividono ciò che hanno acquistato direttamente online.
Proprio come Shein, Aliexpress e gli altri negozi online di origine cinese, Temu ha fatto molto parlare di sé per via del costo dei suoi prodotti che, spesso, non basterebbe nemmeno a coprire l’acquisto dei materiali, tanto da far dubitare gli utenti della sua veridicità.
La “giustificazione” data al pubblico da queste aziende risiede sempre nell’eliminazione degli intermediari che aumentano il costo dei prodotti, infatti anche Temu mette in contatto direttamente i venditori e produttori degli oggetti con i clienti, i quali possono quindi acquistare senza il rischio di incorrere in extra.
Questo marketplace in particolare, lanciato solamente da un anno, ha già fatturato 52,3 miliardi di yuan (circa 6,6 miliardi di euro) solo nel secondo trimestre dell’anno, superando ogni tipo di stima.
Temu e privacy, dove arrivano i problemi
Nonostante la calorosa accoglienza del pubblico nei confronti di questo nuovo e-commerce ultra low-cost, i governi occidentali hanno cominciato a sollevare qualche dubbio, non soltanto sulla qualità dei prodotti venduti, ma anche sulla privacy e sulla regolarità della manodopera.
I prezzi così bassi infatti hanno creato molte domande sui materiali utilizzati per produrre gli oggetti e sulla presenza delle certificazioni legate alla sicurezza che questi prodotti dovrebbero avere per legge. Oltre a tutto ciò, il costo proposto agli utenti potrebbe anche nascondere delle condizioni di lavoro molto preoccupanti e ben al di sotto degli standard occidentali, alimentando un vero e proprio ambiente schiavizzante.
Un altro aspetto che non va molto a genio ai paesi dell’Unione Europea ma soprattutto agli USA, in quanto temono che il governo cinese possa avere accesso a tutte le informazioni relative agli acquirenti e che questa violazione della privacy possa, in un certo senso, giustificare le pubblicità invasive e le pratiche commerciali non sempre veritiere e attendibili. Nonostante questi dubbi però, ancora non sono state aperte indagini né sono stati presi provvedimenti, al contrario di come è accaduto al social TikTok qualche mese fa.