Indiana Jones non saprebbe fare di meglio: ora tutti possono fare archeologia, grazie allo smartphone | Scopri anche tu un tesoro nascosto
L’intelligenza artificiale negli ultimi anni ha fatto passi da gigante, il suo vero potenziale però risulta ancora essere quasi completamente inesplorato.
La sua utilità ha raggiunto un ruolo centrale nel mondo moderno, influenzando numerosi settori ed apportando innovazioni significative soprattutto grazie alla sua capacità di elaborare grandi quantità di dati da apprendere ed elaborare decisioni.
Grazie all’IA stanno cambiando le modalità con cui vengono effettuate le ricerche non solo in campo medico o scientifico, ma anche archeologico. Con gli algoritmi infatti l’intelligenza artificiale può analizzare dati provenienti da scavi, siti archeologici e collezioni di reperti, rivelando nuove informazioni ed ipotesi sui popoli del passato.
L’IA può anche essere impiegata per la classificazione e la catalogazione automatizzata di reperti archeologici, facilitando la loro conservazione e garantendo un accesso più rapido alle informazioni, in più può contribuire all’elaborazione delle immagini satellitari per identificare potenziali siti archeologici nascosti, aiutando la pianificazione delle ricerche in modo più efficace.
I ricercatori dell’Università di Bologna hanno creato uno strumento inedito che sfrutta proprio queste potenzialità, l’AI ha infatti cominciato ad indovinare quali sono le zone che hanno una maggiore probabilità di nascondere reperti antichi tramite delle semplici immagini satellitari.
Come l’AI può diventare un aiuto essenziale per l’archeologia
Il sistema ideato dagli esperti di Bologna è stato utilizzato per la prima volta in Mesopotamia, uno dei territori più ricchi di storia di tutto il pianeta, qui l’AI è riuscita a prevedere correttamente la presenza di punti di interesse storico con una precisione dell’80%. Un altro degli aspetti rilevanti di questa scoperta è che i modelli ed i software impiegati sono open source e possono quindi essere liberamente utilizzati da chiunque in ogni parte del mondo.
Il caso di studio è stato presentato anche sulla rivista scientifica Scientific Reports del gruppo Nature, all’interno della quale è stato anche spiegato tutto il processo che ha portato alla formazione dell’intelligenza artificiale, che è cominciato anni addietro tramite l’apprendimento progressivo basato sulle migliaia di foto fornite dagli studiosi.
Marco Roccetti, professore al Dipartimento di Informatica – Scienza e Ingegneria dell’Università di Bologna ha fatto dichiarazioni molto ottimistiche sul progetto, in quanto: “I numerosi esperimenti che abbiamo realizzato hanno dimostrato che il sistema nel suo complesso può senza dubbio velocizzare la fase esplorativa del terreno: un processo che oggi è condotto dagli archeologi in modo interamente manuale, con grande dispendio di tempo ed energie”.