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Pochi giorni fa vi avevamo fatto sapere che il Samsung Galaxy Note 3 aumenta automaticamente la frequenza del processore non appena vengono eseguiti alcuni benchmark, in modo da poter offrire dei risultati maggiori rispetto alle proposte della concorrenza.
Come previsto, la risposta ufficiale di Samsung non è tardata ad arrivare:
“Il Galaxy Note 3 massimizza le frequenze del processore e del chip grafico quando vengono eseguite delle funzioni che richiedono delle elevate prestazioni.”
Il colosso sud coreano ha rilasciato una motivazione simile quando venne scoperto che il Galaxy S4 barava nei benchmark di Android. Sia chiaro, l’aumento variabile della frequenza operativa del processore è una cosa che esiste da secoli nel mondo informatico, e non si tratta affatto di un trucco, bensì di una tecnologia molto utile che permette di utilizzare il massimo delle risorse soltanto quando sono effettivamente richieste, in modo da aumentare i livelli di autonomia.
Una tecnologia simile la troviamo anche nei PC portatili, dove il processore lavora a basse frequenze quando navighiamo su Internet, controlliamo la posta elettronica o guardiamo qualche foto delle vacanze. Ma non appena avviamo un programma di fotoritocco o di editing video, oppure guardiamo un film in alta definizione, allora il processore aumenta automaticamente la frequenza operativa, così da poter garantire il massimo delle prestazioni.
Ma allora come mai c’è stato questo scandalo mediatico in merito al Samsung Galaxy Note 3? Semplicemente sono state scoperte delle linee di codice riguardanti l’aumento di frequenza della CPU e della GPU del phablet non appena vengono eseguiti determinati benchmark.
Confidiamo che tutto ciò serva da lezione non solo a Samsung, ma anche agli utenti finali. Non fidatevi mai dei risultati dei benchmark, poichè non sono indicativi delle potenzialità reali dei device. Fidatevi piuttosto delle opinioni degli altri utenti e, cosa migliore, andate in negozio per provare direttamente il prodotto di vostro interesse.
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